giovedì 21 novembre 2013

L'Individuo e il Gruppo

(tratto dalla trascrizione di un incontro - novembre 2013)


DOMANDA:

Mi piace molto l’idea del gruppo, del laboratorio, come occasione di confronto e di scambio costruttivo. Questo sì. Eppure tu stesso poni sempre l’enfasi sul fatto che il cammino è e deve essere squisitamente individuale e personalmente condivido questa affermazione e ribadisco che per quanto mi riguarda io mi vedo e voglio restare su un cammino individuale. Se porti delle proposte per una progettualità di gruppo, forse come condizione necessaria, mi sembra che contraddici questo principio. Puoi aiutarmi a capire meglio in che senso intendi il percorso di gruppo?


CARLO: 

Cosa intendi per “individuale”? Cos’è “individuale”? Come e fino a che punto un percorso di espansione della coscienza può ritenersi una questione “individuale”? Chi sei “tu” come “individuo”? Cos’è (e chi è) un “individuo” dal punto di vista dell’esperienza di una coscienza? Pensi che sia qualcosa di limitato a te come ti vedi ora? Il tuo “Sé Superiore” credi di poterlo confinare in quello che adesso tu pensi e percepisci di essere come individuo, in questo spazio, in queste dimensioni, in questo specifico tempo? In questo tuo corpo e in questa tua mente? Credi di essere così limitato? E che il cammino debba essere così limitato? Credi davvero di essere, ora come ora, una Monade distinta e distinguibile, a sé stante, in quanto tale? Vuoi limitare alla tua percezione attuale, che vuoi difendere a tutti i costi come “individuale”, l’infinito corpo interconnesso oltre lo spazio e il tempo che veramente sei? Che siamo?


Certo che la presa di coscienza e la responsabilità del proprio percorso sono questioni squisitamente tue, come riflessione personale, intima, indipendente e autodeterminata, ma tale presa di coscienza dove ti porta? Se pensi che il cammino debba essere “individuale” perché tu possa finalmente farti gli affari tuoi, per conto tuo, nel tuo giardinetto, credo che sia una visione molto limitata, tra l’altro impossibile: non reale. Certo che puoi desiderare vivere una fase di centratura tua, di raccoglimento. È anche vero che nel cammino ci sei tu, con te stesso, con la tua capacità di autodeterminarti in forma libera e indipendente. Soprattutto responsabile in prima persona. Su questo siamo d’accordo. È così, deve essere così e sarà sempre così. Ma ridurre all’attuale percezione di sé il risultato di Coscienza, che può e deve fiorire dal tuo profondo, è un equivoco: diventa un limite enorme, una giustificazione! Da un concetto che ha indubbiamente il suo valore, diventa di fatto una resistenza. Proprio come quando, dall’altra parte, si sposta tutto il baricentro sul gruppo: anche in quel caso, se si perde di vista se stessi, si produce il problema opposto. Ricordatevi che siamo qui per conciliare gli opposti, con intelligenza, oltre le apparenti contraddizioni. Bisogna intendersi ed essere molto sinceri con se stessi quando ci si ferma ad una formula per pretendere che sia solo quella: è una trappola. Ci possono essere delle fasi, ma il discorso è sempre nel Sé e, tuttavia, più ampio del “sé”.

mercoledì 25 settembre 2013

Corsi di Viaggio Astrale? Di Sogni? Di Magia?... Cerchiamo di capirci…




Le pratiche e le tecniche di esplorazione e di risveglio delle proprie facoltà spirituali, dalla guarigione ai viaggi astrali, dai sogni alla divinazione, dall’alchimia psico-fisica alle discipline magiche, la stessa meditazione, le canalizzazioni e la medianità, il lavoro su di sé in senso ermetico e gnostico, lo stesso accostarsi ad una certa conoscenza, sono tutte cose che non possono funzionare. Non sono reali. Non esistono. Sono solo suggestioni mentali, dinamiche psichiche, fantasie. Sono fandonie che alimentano l’illusione globale, l’incantesimo, nel quale siamo tutti invischiati. Sono droghe sofisticate, placebo e surrogati da supermercato. Non possono essere cose reali. Possono essere espedienti, stimoli, giochi. Soluzioni superficiali per i propri disagi esistenziali più o meno gravi. Ma niente di più. Niente di quello che pretendi o si pretende che siano.

Non stiamo parlando di imparare qualche posizione di yoga, di cucina, di cosmesi, di botanica… Stiamo parlando di risvegliare quelle che sono o possono essere le nostre facoltà spirituali, giusto?

Spirituali. È questa la parola, giusto?

Ebbene, se tali ricerche, pratiche e discipline, vengono accostate (o proposte) di per se stesse, ovvero avulse da una contemporanea e radicale rivisitazione della propria vita, delle proprie scelte, abitudini, modi di fare e di essere, comportamenti, consumi, credenze, convinzioni, ovvero della propria realtà personale e contestuale, rivisitazione che deve riflettersi in un cambiamento concreto e del tutto coerente con il rendersi veramente pronti, aperti, disponibili e totali nel proprio approccio ad un’esperienza che pretende di essere superiore e spirituale, quindi sacra, se questa coerenza e questa totalità non la si comprende e non la si persegue prima di tutto, allora poco senso avranno scuole, corsi, pratiche, studi e discipline. Anzi, faranno danno perché provocheranno solo inquietudine piuttosto che reale apertura di sé. È come pretendere di avere la chiave e di infilarla nel muro, senza che ci sia una serratura nella quale farla girare. Senza che ci sia veramente una porta di fronte a sé, da aprire.

Inutile frequentare corsi e seminari, inutile studiare ed acquisire conoscenze di carattere “spirituale”, se siamo bestie tra bestie in un recinto di fango.

Stiamo qui parlando di facoltà spirituali. Di valori del Sacro. Del Graal. Non di psicologia, non di ginnastica, non di sopravvivenza urbana! Stiamo parlando di Dio! Di noi come spirito, come anima, come essenza, come energia e volontà divina resa manifesta nei mondi della vita.

Vuoi fare il viaggio astrale? Ti dicono che puoi farlo? Che puoi impararlo? Vuoi diventare canale al prana o dialogare con entità superiori? Vuoi uscire da Matrix? Vuoi imparare a Sognare? A “Vedere”? Vuoi capire?

Ma chi sei? Dove vivi? Come vivi?
Ti rendi conto?
Se ti rendi conto allora cominciamo a capirci. Se no – forse hai bisogno di pensarci su – allora lascia stare: non parliamone neanche.


Nei miei incontri io non parlerò di viaggio astrale, di prana, di sogni, di medianità, no… non posso prenderti in giro così. Parlerò invece di come rendere possibili e reali queste cose. Parlerò della loro sacralità. Della loro portata totale e totalizzante. Di quanto dovremmo sciacquarci la bocca prima anche solo di nominarle. E poi, forse, se nel tempo ne saremo capaci, proprio nel senso di “capacità di contenimento”, se avremo (certo, vale anche per me!)… se avremo reso ancora possibile, accessibile, irrorabile questa forza, questa energia, entro le vene della nostra mente, del nostro corpo e della nostra vita, nel nostro quotidiano finalmente armonico e colmo di amore e di saggezza, allora sì… viaggeremo e sogneremo insieme. Allora sì, parleremo con gli dèi, e rideremo con Dio.

lunedì 16 settembre 2013

Ancora sui Gruppi (2/2)


Sono in collegamento con progetti concreti e coraggiosi, di cui forse alcuni di voi sono a conoscenza e di cui ho molto rispetto ma che sento ancora parte di qualcosa di vecchio: centri, ecovillaggi, comunità, sebbene le si voglia definire in modo nuovo, sono ancora qualcosa di già visto.
L’unica possibilità è quella prima di APRIRE GLI OCCHI e poi di pensare che sia possibile VEDERE qualcosa che non siano solo immagini fantasiose proiettate sullo schermo delle nostre palpebre mentali abbassate.
Non possiamo sapere ADESSO cosa sarà quel “nuovo” possibile, quel “risveglio” possibile, che tutti quanti noi sentiamo e vogliamo desiderare. Non possiamo saperlo perché la nostra mente, il nostro cuore, il nostro corpo, vibrano tutti ancora troppo qui, in questo luogo di sogni e di incubi, luogo che non ha niente a che fare con la realtà delle cose e della vita.
Possiamo cogliere tutte le occasioni per far circolare nella mente, nel cuore e nel corpo, un'energia diversa, un suono diverso che ci dia il LA per modificare le nostre frequenze. Solo così cominceremo a VEDERE qualcosa di diverso, che si staglierà davanti a noi: è sempre stato lì, certo, ma solo allora potremo vederlo e quindi sapremo cosa volere davvero e come rivoluzionare la nostra esistenza alla luce di una presa di coscienza lampante e inequivocabile.
Prima di questo, da qui, sarà tutto vano. Forse potremo preparaci, darci degli stimoli, fare dei tentativi, ma sarà tutto vano in ultima analisi. Soluzioni economiche, iniziative politiche e sociali, cambiamenti di vita, di consumi, di abitazione, di relazione, rendersi autonomi, studiare e fare ricerche di confine, sono tutte cose che possono andare anche bene, sempre che non corrispondano all’ennesimo inganno ben mascherato, ma del tutto vane, perché ancora riferibili ad una percezione delle cose, della vita e di noi stessi che non corrisponde a niente di reale!
La possibilità può essere solo quella di fare un lavoro disciplinato, assiduo e instancabile su di sé: da soli e insieme per confrontarci ed aiutarci, grazie all’amicizia che può permetterci di essere sinceri e genuini gli uni nei confronti degli altri e che ci consenta di sentirci un po’ al sicuro, senza paura. Fermate il dialogo mentale, slegatevi dal passato, lasciate che il futuro venga da sé, accorgetevi del presente, tenete d’acconto le vostre energie, pazientate e sostenete la visione dell’incubo che sembra  circondarvi. Meditate, tenete in salute e in forma il corpo e rendetevi inaccessibili agli stimoli, alle mode, alle informazioni, alle immagini... a tutta questa situazione.
Vediamoci: dicevo, le occasioni non mancano, sia quelle pubbliche, sia quelle più tra di noi (gli incontri di meditazione, le gite…) e vedremo poi di avviare i ritiri spirituali da viversi sia insieme sia individualmente, in assoluto silenzio e solitudine, per recuperare il senso della fede nell’incertezza della nostra identità e del nostro futuro. 

Ancora sui Gruppi (1/2)

Molti mi chiedono che seguito stia avendo l'idea che espongo in questo video: http://www.youtube.com/watch?v=o_SqMIrsvq4

Ci sono state evoluzioni, ri- evoluzioni, passi indietro, e così via. Perchè? Perchè è molto delicata la questione! 

In effetti è un discorso ancora tutto da avviare: sì, c'è un gruppetto di persone interessate, tuttavia se ne sta ancora "parlando", sebbene in termini seri e con maturità, ma non ancora in termini definiti. Gli strumenti e le risorse non ci mancano. Il motivo sta nel fatto che stiamo ancora lavorando sulla sintonia tra di noi, e soprattutto sul "modo" affinchè un'idea del genere possa prendere sì corpo, ma rappresentare davvero qualcosa di nuovo, di reale, di autentico, superando tutte quelle insidie che ben conosciamo. Per questo abbiamo deciso di non avere fretta e di lavorare bene su noi stessi e sul gruppo, perchè l'ispirazione, la percezione e l'intento possano affinarsi avvalendosi davvero di sensi rinnovati e quindi possa la realtà muoversi a sua volta, e giustapporsi al nostro lavoro interiore, in modo sincronico. Siamo sul filo del rasoio: facciamo ma non facciamo, non facciamo, ma vediamo che le cose si muovono. Forse quella è una strada, ma forse anche no!, sicuramente non come adesso la pensiamo.

Il gruppetto - a volte ci siamo tutti altre volte no - si incontra in occasione della meditazione mensile a Terni.

Vedi il calendario per conoscere gli appuntamenti: 


venerdì 30 agosto 2013

Sulla annosa (e noiosa) questione “spiritualità VS soldi & sesso”


Visto che molti mi fanno domande in tal senso, cioè sulla questione guru spirituali, sesso, soldi e politica, alcuni condannando certe brame e certi comportamenti, soprattutto se riferibili a taluni ricercatori o divulgatori “spirituali” anche attuali e noti, altri invece sostenendo un discorso libertario, in pratica sostenendo altri tipi di prospettive rispetto ai primi, io penso questo: penso, molto semplicemente, che a me basta quello che mi è sufficiente per vivere dignitosamente, senza necessità di lussi né di abbondanza. E, avuto questo, sposto la mia attenzione e le mie energie decisamente altrove. 

Per quanto riguarda il sesso, sento che, nella migliore delle ipotesi, per quanto in una condizione di piena libertà, rispetto e responsabilità, e senza moralismi,  se resto comunque sul piano del soddisfacimento dell’istinto e dell’emozione, pur sacralizzandolo (ma, probabilmente me la sto – e ve la sto - già raccontando), anche nel modo più bello e sublime, resto comunque su quel piano. Pur nella migliore estasi “spirituale”, comunque gira e rigira mi ritrovo in un certo tipo di condizione energetica. E non vado oltre.

Quindi, non c’è molto da commentare: se stai comunque a menartela con il piacere dell’abbondanza e della sensualità, fai quello, persegui quello, su quel livello. Anche la politica… sono tutte pastoie.


Una  volta certamente realizzata una condizione esistenziale dignitosa e piacevole, se hai ancora bisogno di ricchezza e sesso, perché è certamente bello, o pensi di intrallazzare, e ti piace stare lì, prosperare lì, perché questo ti permette di esplorare, di capire delle cose, o perché ti fa sentire - e magari diventare - potente e libero, allora stai pure lì… niente di male: stai felice, abbonda pure. Impegnati anche! E raccontatela: trova pure, per te stesso e per gli altri, tutti gli argomenti che riesci a trovare...

domenica 7 luglio 2013

Il Mistero della "Nascita Seconda"



Nella “consacrazione di sé” verso una nuova nascita, potremmo dire di iniziazione, o auto-iniziazione, il concetto fondamentale da tenere presente, tutti i giorni, giorno dopo giorno, istante per istante, è che l’essere umano oggi vive una vita embrionale, funzionale solo al perpetuarsi di se stessa all’interno di questo ciclo continuo e, in ultima analisi, inconcludente se non risolta ad un livello superiore con il tramite del nostro potenziale reale, ovvero della nostra presenza divina.

Cosa resta quando si muore? Cosa ne è del nostro corpo, delle nostre emozioni, dei pensieri, dei nostri ricordi, delle emozioni che abbiamo fatto provare agli altri? Viene tutto re-immesso nel medesimo circuito: gli atomi si riciclano, dato che nulla si crea e nulla si distrugge, così come le nostre memorie e i nostri pensieri; tutto viene riconfigurato nel medesimo sistema, attraverso i cicli della vita e quella che normalmente viene definita come reincarnazione, di cui non abbiamo alcuna coscienza, né senso di continuità. Tutto questo può risultare bello o terribile, in ogni caso è tutto piuttosto vano. “Vanità delle vanità”[1]. Perché? Perché non è vita. Non è la vita alla quale dobbiamo nascere come esseri reali e oltre la quale possiamo evolvere nel nostro cammino verso l’Assoluto. Evolvere non significa reiterare se stessi nei cicli di mantenimento di un piano di esistenza, ma passare di piano in piano attraverso un processo di nascite superiori, ovvero di trasfigurazione e metamorfosi, durante la vita stessa. Significa, durante questa vita, trasferire il baricentro della propria consapevolezza verso un livello di identità di sé che vada oltre il corpo e la mente attuale, per, con continuità, spostarsi di piano, proprio come avviene in un salto quantico.

Non solo e non più identificati in questo corpo, entro i confini di questa natura e di questa mente temporale, ci si “sposta”: si nasce nuovamente in un mondo superiore, risolvendo l’esperienza precedente in un nuovo livello di coscienza più vicina all’Assoluto verso il quale tendiamo a reintegrarci.

È questo il pensiero costante che va tenuto a mente nel momento in cui vogliamo orientarci verso un cammino di risveglio spirituale: è qualcosa di molto pratico, che coinvolge il corpo, la mente e il significato che sentiamo e cerchiamo di dare a noi stessi e alla nostra esperienza materiale e spirituale. Tenendo presente questo, ecco che ci si può avventurare alla ricerca di soluzioni esistenziali, individuali e nel contesto di un gruppo che possa costituire una sorta di “serra”, ovvero di Arca, adatte a questo scopo. Per farlo dovremo imparare a disidentificarci dal corpo materiale e da questo livello di pensieri e di emozioni. Pensare a questa realtà come ad una sorta di uovo entro il quale sta avvenendo una nostra gestazione. Una volta esplorata l’esperienza di questo transito, possiamo andare oltre questo nostro attaccamento al corpo e ai suoi bisogni, così come oltre la mente e i suoi condizionamenti, istintivi o sovra-strutturati, per trasferire la nostra coscienza verso “corpi” di un più elevato livello di vibrazione.

Significa educarci ad un livello di esistenza che prescinde dal cibo, dal sonno, dal sesso, cioè da tutti quegli aspetti che di fatto ci legano all’appartenenza animale e materiale, per traslarci verso un sistema esistenziale diverso, più raffinato e consistente. Ecco allora che potremo distillare la nostra esperienza, la nostra personalità e tutta quanta questa vita vissuta in un compendio sottile che continuerà (continueremo) ad essere su altri piani, senza dispersione, senza morte. Ecco perché coloro che tentarono, sentirono, questa Via sceglievano inevitabilmente una vita nuova, diversa, eremitica, fatta di rinuncia che però non era rinuncia ai sensi e all’esperienza del mondo, ma un trascendimento, ovvero la santificazione dell’esperienza umana verso una continuità di esistenza reale, non per rinascere continuamente, ma per nascere in mondi via via più reali, passando di dimensione in dimensione, di gestazione in gestazione, di piano in piano, con continuità di coscienza, in una ri-evoluta e rinnovata consapevolezza dell’Essere. È il mistero della resurrezione dai morti, della trasfigurazione.

Non sappiamo se ora qui noi siamo in un abisso senza uscita, cioè ormai senza speranza, oppure se tutto questo è già accaduto a qualcuno o se accade continuamente: chi “passa” va altrove ed esce dal nostro campo percettivo e mentale. Però sentiamo, per lo meno alcuni di noi sentono ancora, la verità di questo scenario: la possibilità di questa vera nascita che corrisponde alla nostra vera natura. Non è una magra consolazione o la voglia di fuggire da questa realtà che abbiamo reso così assurda, ma una sensazione che sta a monte. La sentiamo.

E non è un discorso teorico. Le direzioni sono queste: uno sforzo reale, una vita reale, sbocchi concreti, molto pratici e quindi, se ispirati da questa luce, altrettanto reali. Le chiacchiere stanno a zero. O si fa, o non si fa.

CARLO DOROFATTI



[1] Consiglio di leggere e meditare Nella crisi della sapienza – Lettura spirituale del Libro di Qohelet di Pino Stancar S.I. (2012, AdP).

giovedì 27 giugno 2013

Sui gruppi spirituali e progetti condivisi...


(Estratto da alcuni incontri)




In alcune tue conferenze e anche nell’ultima parte del tuo libro "Metamorfosi", sembra che proponi un progetto di vita, come la creazione di un gruppo umano o di una comunità spirituale. Non ho capito esattamente di cosa parli, puoi meglio descrivere questo progetto?

“Borgo Spirituale”: non saprei come altrimenti definirlo.
L’idea alla quale stiamo lavorando concretamente – luogo e condizioni generali sono già abbastanza definite da me e da alcuni amici – non nasce per creare una comunità o un ecovillaggio. Certo, gli aspetti del biologico e dell’autosufficienza sono inclusi, ma senza fanatismi e con la dovuta gradualità.

L’idea forza che ci muove è creare quel contesto umano (naturale, solidale e creativo) – residenziale, ma anche di incontro/ritiro occasionale – che ci permetta di dedicarci al risveglio della Coscienza.


Una volta soddisfatte pienamente e gioiosamente le necessità di base, desideriamo dedicarci allo sviluppo del nostro potenziale, o comunque vogliate intendere la vocazione spirituale. Individualmente, ma anche condividendo alcune esperienze in modo spontaneo e non invadente (ognuno a casa sua per intenderci, ma potendo godere di momenti e spazi condivisi, tra di noi, con amici e “compagni di viaggio”). Senza bandiere, né scuole, né maestri (tutti lo siamo e tutti possiamo imparare sempre e comunque), senza guru o primi tra pari, senza risvolti politici o dogmatici.

L’obbiettivo, giusto per ribadirlo, non è “biologico” o “naturalistico”. Per lo meno, non solo quello: il focus è sul progetto di uno stile di vita sostenibile in funzione del “lavoro” spirituale, per avere il tempo, anche grazie al sostegno reciproco e alla forza del gruppo e di un contesto di valori umani recuperati, di dedicarsi compiutamente a quelle pratiche, discipline e scelte di vita volte alla Rinascita. C’è bisogno di soldi, tempo e tante belle cose: ma non è questo il punto. Quello che deve arrivare arriva o arriverà. Servono piuttosto buona volontà, intenti puri e coraggio delle proprie scelte. Se ci siamo, il resto viene da sé.

Il progetto è ampio. Sappiamo quello che non vogliamo. Ci sono molti dettagli già esaminati. Molti sogni condivisi e già sul piatto… Moltissime cose che si possono fare. E comunque vedremo: l’importante non è cosa fare, ma come farlo. Non c’è fretta, né la necessità di fare – altra trappola – se prima non si è. Se prima non si aprono quei canali che ci portino a vibrare su quel piano dove è possibile aprirsi ad una certa intuizione, ad una visione corretta delle cose: se no si mette il carro davanti a buoi e si pensa di fare qualcosa di nuovo però sempre con la solita mente, non facendo altro che sbagliare. Prima si lavora su di sé per rendersi canali puliti ad una visione reale, comprendendo cosa può significare cavalcare l’onda del cambiamento, l’onda del nostro potenziale interiore e poi, forti di questa consapevolezza, si muoveranno i passi nella direzione migliore, con occhi e sensi nuovi, verso una realtà davvero rinnovata, che adesso non possiamo neanche immaginare. È una piantina delicata, che va coltivata in serra. Nel silenzio. 



Hai un progetto preciso in cantiere?

Non c’è un “io” e un “voi”, un “fare parte di”, un accettare o meno un progetto o una proposta, o l’idea mia o di qualcuno. Non c’è un rispondere “sì, mi va” oppure “no, non mi va” a qualcuno. Nulla da temere, nulla da poter perdere, nulla che venga dall’esterno da soppesare passivamente. Non è neanche giusto. Nulla per cui sentirsi in dovere, o sfruttati, o da giudicare. Non ci devono essere soggetti attivi che “vendono” qualcosa e soggetti passivi che valutano se comprarla o meno, che la giudicano, che la debbano accettare o meno, magari aspettandosi qualcosa, facendosi idee o temendo chissà che. Non ci devono essere istituzioni, entità, bandiere, guru, né scuole o appartenenze.

Semplicemente, la mia opinione, se mi viene chiesta, è che uno sbocco possibile idoneo per favorire la propria ricerca, vocazione e opera spirituale - intesa come “lavoro su di sé” - sia quello di poter disporre di un contesto spazio-temporale ove potersi raccogliere e dedicarsi adeguatamente al proprio sentire. Un contesto anche umano favorevole, per condividere, eventualmente e non necessariamente, momenti di dialogo, di confronto, di meditazione o di collaborazione.

Ognuno può crearsi questo spazio-tempo, senza aspettare altri. Può anche sperimentare contesti già esistenti. Oppure, laddove vi sia una certa comunione di intenti e di vedute, creare insieme ad altri, mettendoci del proprio, qualcosa di adatto, potendo così disporre di una maggiore forza data da un gruppo sufficientemente affiatato, affiatamento che va opportunamente costruito e verificato con calma prima di condividere progetti di questo tipo.

Il contesto di cui parlo può anche essere pensato come esperienza per il fine settimana o per periodi di ritiro spirituale, come una sorta di laboratorio, fino all’idea di una scelta di vita più radicale, residenziale e di autosufficienza. L’importante è tenere sempre presente la centralità dell’individuo, cioè la propria presenza attiva, volontaria e concreta, nel fare e non nell’aspettarsi di soppesare quello che propongono gli altri, magari poi con la paura che ti vogliano fregare, oppure con in testa la furbata di poter sfruttare gli altri, peggio ancora…

Bisogna essere concreti e presenti a se stessi, al proprio sentire, alle proprie aspirazioni reali e, quindi, fare, ovvero regolarsi di conseguenza verso una direzione piuttosto che altre. Bisogna essere molto sinceri con se stessi, prima ancora che con gli altri.

Io non propongo niente: secondo me quella è una possibilità interessante da considerare, viste le circostanze sociali nelle quali ci troviamo, per individuare delle vie concrete non solo per sperimentare nel quotidiano le proprie intuizioni e conquiste spirituali, ma per poter ricavare il tempo e l’energia necessaria ad un lavoro che, visto da dove partiamo, è piuttosto complesso e richiede di potersi dedicare a cose precise, potendo sviluppare un certo stile di vita che faccia da contenitore possibile. Fare da soli questo può non essere facile e, quindi, penso che vibrare insieme ad altri verso questa direzione potrebbe essere più fattibile, bello e divertente. Ma, è un qualcosa di magico: non si può ragionarci troppo con la testa, fatta di aspettative e di paure, di calcoli e di causa-effetto. Per questo dico che prima si fa un lavoro individuale interiore di un certo tipo, poi ci si sente con gli altri, e intanto la realtà attorno comincia a muoversi, a cambiare, a rispondere sincronicamente. E, se non c’è l’ego di mezzo, si può fluire intuitivamente verso certe possibilità e realizzazioni, spostarsi di piano, fare miracoli. Se invece si cede alle trappole della mente e dell’ego, del calcolo e della paura, bom… si è già finito e anzi, meglio accorgersene subito e mollare la presa, altrimenti, con tutte le buone intenzioni che siamo capaci ad inventarci, si creeranno mostruosità.



mercoledì 1 maggio 2013

La New Age e la Vita Spirituale


Trascrizioni dagli incontri con Carlo Dorofatti in Umbria.



DOMANDA:
Spesso ti sento fare una distinzione tra la “new age” originale e una certa piega che questa new age avrebbe preso, diventando un fenomeno di moda e di business. Ti scagli contro l’idea di questa “salute e benessere”, di questa “prosperità e abbondanza” e dei suoi guru. Puoi specificare meglio la tua posizione e questa particolare distinzione tra quello che intendi per new age e questa modalità attuale al centro della tua denuncia? Inoltre, non è forse spirituale accettare profondamente se stessi, migliorarsi, volgersi verso una vita solare, luminosa, rivolta al bene di sé e degli altri, con serenità intima e senza porsi  necessariamente altri “grilli per la testa”, che in fondo sono forse solo delle illusioni?

CARLO:
Oggi più che una new age, che non ha niente a che fare con quella mitica new age degli annti Settanta, quella di Timothy Leary, di Aldous Huxley o di Terence McKenna, per intenderci, ci troviamo di fronte ad una next age (anche i sociologi si esprimono in tal senso). Mentre la new age propriamente detta si pone il problema di una società, addirittura di una civiltà, nuova - ovvero da rifondare su presupposti diversi, olistici e spirituali -, dopo la grande delusione, negli anni ’80 e ’90 il fenomeno cambia e diventa “next age”: la new age diventa qualcosa di diverso, cioè punta tutto sul benessere dell’individuo. La persona, il singolo, ha il diritto di incazzarsi, di mandare tutti a quel paese, di essere libero ad oltranza, di prevaricare gli altri eventualmente (perché alla fine è così!), perché ha diritto di dire di no, di dire di sì quando e se gli pare, di porsi prima di tutto e di tutti, finalmente. Questo è l’obbiettivo: assolutamente individuale. Non c’è ideologia se non quella del benessere individuale, dei sacrosanti diritti individuali. A parer mio, si è decisamente passati all’estremo opposto: alla religione dell’ego a oltranza, che infatti ben si presta per essere la religione del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale, proprio perché in questo modo gli individui, tutti belli separati ognuno a pensare al proprio ego e al proprio benessere senza troppe complicazioni e possibilmente senza impegnarsi neanche più di tanto, sono perfettamente manipolabili.

Questo per quanto riguarda l’intercettazione di una certa ricerca, di un certo sentire. Perfettamente riuscita. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, il discorso è ancora diverso e riguarda quel modello della “persona normale” che spesso andiamo ad invidiare.

La rivoluzione spirituale è qualcosa di molto diverso dal conseguire una visione ed un comportamento etico. Cerco di spiegarmi. Facciamo l’esempio di una persona buona, gentile, in equilibrio con se stessa, che ama la natura, che rispetta gli altri: è generosa, fa il suo lavoro, porta avanti la sua vita osservando un comportamento onesto, integro, senza per questo essere religiosa, ma semplicemente perché ne comprende il valore. Fa del bene, aiuta gli altri, educa i propri figli, gode della vita, svolge bene la sua professione, ha senso civico, fa le sue belle gite domenicali durante le quali si commuove davanti ad un bel tramonto. Magari fa volontariato e cerca di dare alla sua vita un’espressione gioiosa, bella e creativa. Probabilmente una persona così avrà anche successo, starà bene e farà stare bene chi gli è vicino. È  questo spirituale? Secondo me no. Non perché non sia apprezzabilissimo e bellissimo, intendiamoci, ma perchè non ha necessariamente a che fare con la spiritualità, la conoscenza, il percorso verso una consapevolezza superiore. Ed è qui il punto.

Quella persona, sicuramente serena e con meno problemi della seconda tipologia che andrò a citare tra poco, è un’ottima persona, probabilmente saggia, “migliore” di altre e di grande spessore etico. Ma, per quella persona la vita è questa. Punto. Cercherà di trarne il meglio, di comportarsi bene, di rispettarla, di viverla con passione ed entusiasmo, magari con poesia, con amore e rispetto di sé e degli altri. Ma per questa persona la vita è questa. Proprio questa qui.

Per il ricercatore spirituale, persona probabilmente più inquieta e meno solare della prima, semplicemente la vita NON è questa qui. O, meglio, non è SOLO questa qui. È un aspetto, ma la spiritualità non è (o per lo meno non si esaurisce in) questo.

Ecco la differenza. Con tutte le sue conseguenze.

Al di là dell’essere in un certo modo e di tendere a migliorare se stessi e questa realtà, e/o goderne con serenità, ma anche con generosità, altruismo, amore e tutte le virtù che ci possono venire in mente, la ricerca spirituale e del divino, che certamente non nega quanto detto finora, comincia tuttavia da quella intuizione profonda, da quel sentire che… non è quello! Se mai tutti quegli aspetti , certamente di valore e frutto di una certa maturità, possono – non è detto – fare da base per una comprensione ancora diversa. Da quella sensazione in poi comincia l’avventura spirituale. 


venerdì 19 aprile 2013

Qual è il senso della realtà? Come possiamo interagire attivamente con gli eventi? Cosa ne pensi della “legge di attrazione”?




Trascrizione dagli incontri tenuti da Carlo Dorofatti in Umbria...

DOMANDA:
Qual è il senso della realtà? Come possiamo interagire attivamente con gli eventi? Cosa ne pensi della “legge di attrazione”?

CARLO:
Parto dall’ultima domanda. Sulla legge di attrazione si è fatta molta confusione ultimamente. Di solito la si confonde con la legge dello specchio, per la quale quello che vediamo non è come sono fatte le cose, ma come siamo fatti noi. C’è una relazione precisa tra come ci poniamo e quello che la vita manifesta. Più profondamente, è la nostra stessa coscienza in evoluzione che manifesta la realtà, che la proietta proprio per come le serve: che ne siamo consapevoli o meno, questo meccanismo funziona perfettamente. Così come noi siamo estranei a noi stessi, non ci conosciamo e abbiamo paura delle nostre parti più nascoste e misteriose, allo stesso modo temiamo quanto queste parti proiettano sulla realtà, che ci appare come qualcosa di indipendente da noi, di altrettanto estraneo, di fatale. Eppure tutto questo siamo sempre noi, in cammino.

La legge di attrazione attiene ad un principio ermetico importantissimo, ma non ha niente a che fare con l’idea per cui tu devi poter attrarre ciò di cui hai bisogno: si tratta esattamente del contrario! Il concetto ermetico dice che il tuo ruolo divino nel mondo è quella di attrarre gli esseri, le cose, gli eventi e le circostanze per cui tu puoi essere al servizio nel migliore dei modi: attrai ciò che ha bisogno di te! Questo era il concetto, nobile e di ben altra levatura, stravolto dalla solita brama opportunista e consumista che ha trasformato la spiritualità in un kit di sopravvivenza.

Secondo un autore a me molto simpatico, “lo scopo e il senso della vita di un qualsiasi essere vivente consistono nella gestione della realtà”[1]. Penso di capire cosa intenda l’autore, tuttavia io preferirei piuttosto parlare di una spontanea, divertita, naturale e consapevole partecipazione allo sviluppo della realtà. Non c’è bisogno di gestire alcunché. C’è solo da essere: è questo il senso secondo me più preciso con il quale intendere queste “istruzioni” sulla legge d’attrazione che oggi vanno tanto di moda. Pertanto, va bene considerare questi meccanismi e persino tentare di imbrigliarli, ma alla fine la chiave di lettura sta in quel concetto di lavoro su di sé per cui la realtà non può che giustapporsi per via naturale alla coscienza che siamo e che proiettiamo, secondo le possibilità e le esigenze della nostra vera natura. Se le cose cambiano perché noi cambiamo, è tutto armonico e naturale: l’universo è intelligente.

Quando invece tentiamo delle forzature, allora o siamo in grado di gestire le dovute compensazioni per mantenere gli equilibri armonici dell’universo (ma se sappiamo fare questo non sentiremo minimamente il bisogno di modificare alcunché!), oppure subiremo delle conseguenze inaspettate e fuori controllo, naturali conseguenze alla nostra interferenza. Oppure ancora, e qui entriamo nei meandri meno nobili di quella che tuttavia è stata chiamata magia, affidiamo tali compensazioni, che interesseranno sincronismi e piani fuori dalla nostra portata, a “forze” che, più o meno in simbiosi con noi, più o meno ingannevoli e predatorie, avranno comunque il loro percorso e faranno comunque i loro comodi al loro livello.

Tali forze sono specchio del nostro stesso psichismo, della nostra stessa coscienza: non sono qualcosa di diverso. E proprio come siamo vittime dei nostri pensieri, ossessioni e condizionamenti, allo stesso modo siamo vittime di queste “forze” là fuori specularmente proiettate, siano essi demoni o dèi, angeli, spiriti o quel Dio in cui le religioni (grandi beneficiarie di tali meccanismi di potere) ci insegnano a credere e a temere. Tutte queste “forze” sono così: fintanto che pensiamo esistano significa che non abbiamo la piena coscienza di noi stessi. E ciò a cui diamo energia, ci possiede.

Nel momento in cui queste forze, anche quelle che ci sembrano buone e care, accettano tali patti (o Alleanze nel caso delle grandi eggregore religiose), dobbiamo capire che siamo già fuori strada e dunque, anche con le migliori intenzioni e proiezioni, dobbiamo fare molta attenzione a dove andrà a parare tale sodalizio.

Abbiamo bisogno di un’analisi radicale per rivedere le nostre prospettive e sintonizzarci con un universo sempre e comunque perfetto… a disposizione della nostra genialità così come della nostra follia. In ogni caso noi non siamo (solo) questo: dobbiamo respirare un concetto della vita ancora molto più ampio!

Questo concetto può fiorire solo da dentro di noi. Diverse volte mi vengono chieste indicazioni precise, oggettive: non funziona così. Le cose esistono e si sviluppano quando le cerchi. Noi dobbiamo partire solo da quell’impulso ad essere, che ci fa dire: “… ci deve essere di più!”. Ma quel “di più” non è che ci sia di per sé: siamo noi a crearlo, a inventarlo! Questo è il nostro potere. Se qualcuno, o una religione, o un Dio, ti dice che possiede quel “di più” e te lo vuole dare o vendere, non ha senso proprio il principio di base: il punto non è cercare quel Graal, perché non esiste nessun significato, nessuna verità, nessun Dio e nessun Graal di per sé. Il nostro potere straordinario è quello di “sentire”, percepire possibilità ulteriori e crearle dando così alla nostra esperienza umana un valore aggiunto divino, eterno, che siamo sempre stati, eppure in quel momento, nel momento in cui lo creiamo da questa nostra situazione umana, lo siamo in modo nuovo.

L’esperienza di Dio, se così la vogliamo chiamare, non può quindi che essere diretta e sempre nuova. Non ha niente a che fare con l’avere fede, sperare in una salvezza, stemperare le proprie paure. Se mai la fede è dare credito a quell’impulso che ti porterà a creare e a percepire “altro”, quel qualcosa che, per approssimazione, lungo un cammino piastrellato di errori – che non sono mai errori, ovviamente - ci svincola dalle esperienze in sé, dalla materia, dalle identificazioni, dal corpo,  per risolverne il distillato “oltre”.

È una cosa irripetibile e personale, secondo le possibilità di ciascuno, scelte da ciascuno. Il problema se mai è la mancanza di stabilità interiore, la discontinuità dei nostri stati emotivi perfettamente coerente con un certo sistema di condizionamento che ci siamo creati.

Il condizionamento mentale diventa emotivo e blocca la nostra energia vitale, quell’energia che ci permetterebbe di essere centrati.

Nel nostro centro, il nostro plesso, si accumulano le tensioni dell’energia che non fluisce come dovrebbe. Siamo instabili perché non c’è orientamento consapevole, c’è solo lo sfogo verso desideri e condizionamenti variabili e inesauribili. Ci sfugge, di conseguenza, lo scopo reale: perché non siamo reali. L’impulso della coscienza viene disperso.

È un discorso che riguarda il nostro spirito, ma anche la nostra mente e il nostro corpo: questo circuito ci costringe entro la natura di mantenimento, ovvero una sorta di mera sopravvivenza funzionale alla manifestazione di qualcosa che non viene indirizzato ma che, eppure, deve esistere, perché è comunque una possibilità dell’essere.

Ecco perché, anche nel discorso magico-rituale, si parte sempre da una scomposizione delle proprie parti (il solve) per riscoprirsi e rielaborarsi e, infine, una volta riconnessi con ciò che siamo davvero, ricomporsi ad un livello nuovo (il coagula).

Al di là degli schemi teorici, si parte da quello che siamo adesso, nel quotidiano, dalle piccole cose, usando tuttavia degli accorgimenti che ci aiutino a non avere paura di cambiare, quello è il punto. Altrimenti non ci sono le condizioni per fare alcunché.

Certo che siamo inadeguati, certo che c’è di che avere paura… e allora? Possiamo trasformare tutto questo, perché “tutto questo” non siamo noi, non ha a che fare con noi.




[1] Cfr. Vadim Zeland, Reality Transurfing - La gestione della realtà (2012, Macro Edizioni).


CALENDARIO DEGLI INCONTRI:
http://www.accademiaacos.it/index.php/calendario-eventi.html


DI RECENTE PUBBLICAZIONE:
ESSERE CIO' CHE SIAMO di Carlo Dorofatti "Gli argomenti toccati sono i più svariati, nel grande regno dello Spirito, e con sagacia ed esperienza l’autore riesce a fornire un filo conduttore per legare le varie gemme distribuite in vari passaggi, in modo che non vi sia dispersione: ciò che i nostri sensi cercano, senza trovare, altrove, possono trovare, invece, dentro, dove non sanno ancora cosa cercare. Trasferire il controllo e l’analisi all’interno di sé, in un placido ardore che è voglia di fare, di esperire, con la guida sicura di ciò che per secoli ha animato il vero esoterismo." - (Dall'Introduzione al libro, curata da Claudio Marucchi).

domenica 31 marzo 2013

Il Corpo e lo Spirito

Trascrizione dagli incontri con Carlo Dorofatti in Umbria.


DOMANDA
Come mai ritieni il lavoro sul corpo così importante per lo scopo spirituale? 
CARLO:
Perchè il corpo è il nostro tempio, il nostro laboratorio alchemico perfetto. Non è solo il veicolo della coscienza ma ne è un'emanazione. È la sede delle nostre energie e il punto di partenza per la costruzione dei nostri "corpi solari".

Inoltre, oggi la neuroscienza spiega come automatismi e re-azioni non sono solo riferibili ad abitudini o a condizionamenti consolidati nella mente. Infatti, i neurotrasmettitori cerebrali abituano il corpo (le cellule) ad un certo tipo di sostanze associate a specifici umori e stati d'animo che danno assuefazione: alla lunga il corpo ne ha bisogno, a prescindere che tali sostanze implichino stati emotivi spiacevoli. In questo modo il corpo condizionerà la mente affinchè riproduca quei comportamenti grazie ai quali potrà ottenere un certo nutrimento. Tale complesso psico-fisico provocherà stati cronici di stress fino all'emergere di patologie.

Per questo motivo, il percorso di ristrutturazione del comportamento non può passare unicamente da un approccio psicoterapico, ma necessita di esercizi corporei di disintossicazione e drenaggio tensionale quali il respiro, il rilassamento guidato, la meditazione dinamica o tecniche più mirate quali lo yoga o pratiche di bioenergetica.

Gli attuali stimoli che vengono divulgati da molti conferenzieri e venditori di spiritualità sono molto psicologici (o pseudo-psicologici): la legge dell'attrazione, il non giudizio, lo specchio, il ricordo di sè, la sublimazione delle emozioni con tutti gli annessi e connessi, posso essere anche informazioni utili e interessanti, tuttavia mancano di alcuni presupposti di base, oltre che essere, alla lunga, fuorvianti nel modo in cui vengono proposte dopo essere state scopiazzate e mal rimaneggiate da concetti e tradizioni profonde ed importanti.

Queste "terapie" non hanno automaticamente a che fare con l'esoterismo o con l'alchimia, che partono da presupposti e motivazioni molto diverse. Se, nel momento in cui vengono associate ad una vaga pretesa di "risveglio", non sono accompagnate da precise indicazioni sull'impiego delle energie del corpo e, conseguentemente, da scelte di vita coerenti, non portano a nessun risultato reale: nè come terapie, perchè in quanto tali sono comunque abborracciate, nè come percorsi di consapevolezza o di "risveglio" spirituale, visto che, da una parte  educano a motivazioni e ad intenti piuttosto superficiali e consumistiche - quindi egoiche e non spirituali (anche se vengono vendute come tali) -, dall'altra mancano di una reale base operativa per orientare correttamente le proprie facoltà psico-fisiche. Le "belle parole" non bastano: creano suggestioni e appagamenti illusori. Sono palliativi. Magari fanno stare bene, per qualcuno possono costituire un punto di partenza. Ma possono anche essere solo dei sedativi... delle droghe sofisticate.

Il lavoro su di sè, quello reale, è complesso, impegnativo, richiede sforzo, autodisciplina, determinazione, capacità di mettersi in gioco e in discussione. E' sofferenza. O, meglio, può implicare sofferenza e dolore non in quanto tale, ma per i nostri difetti di prospettiva, le nostre resistenze. Ecco perchè non basta la mente per ragionarci sopra e trovare una via, ma serve energia concreta per bruciare queste resistenze: ecco perchè si parla di "Fuoco" spirituale. La sofferenza, questa "seconda morte", va affrontata, non temuta. Certo non cercata, non ostentata, tuttavia non va temuta. La Via del Fuoco non è fatta di parole e ragionamenti, di dialettica e di consolazioni.

CALENDARIO DEGLI INCONTRI:
http://www.accademiaacos.it/index.php/calendario-eventi.html


DI RECENTE PUBBLICAZIONE:


ESSERE CIO' CHE SIAMO
di Carlo Dorofatti
"Gli argomenti toccati sono i più svariati, nel grande regno dello Spirito, e con sagacia ed esperienza l’autore riesce a fornire un filo conduttore per legare le varie gemme distribuite in vari passaggi, in modo che non vi sia dispersione: ciò che i nostri sensi cercano, senza trovare, altrove, possono trovare, invece, dentro, dove non sanno ancora cosa cercare. Trasferire il controllo e l’analisi all’interno di sé, in un placido ardore che è voglia di fare, di esperire, con la guida sicura di ciò che per secoli ha animato il vero esoterismo." - (Dall'Introduzione al libro, curata da Claudio Marucchi).