giovedì 21 novembre 2013

L'Individuo e il Gruppo

(tratto dalla trascrizione di un incontro - novembre 2013)


DOMANDA:

Mi piace molto l’idea del gruppo, del laboratorio, come occasione di confronto e di scambio costruttivo. Questo sì. Eppure tu stesso poni sempre l’enfasi sul fatto che il cammino è e deve essere squisitamente individuale e personalmente condivido questa affermazione e ribadisco che per quanto mi riguarda io mi vedo e voglio restare su un cammino individuale. Se porti delle proposte per una progettualità di gruppo, forse come condizione necessaria, mi sembra che contraddici questo principio. Puoi aiutarmi a capire meglio in che senso intendi il percorso di gruppo?


CARLO: 

Cosa intendi per “individuale”? Cos’è “individuale”? Come e fino a che punto un percorso di espansione della coscienza può ritenersi una questione “individuale”? Chi sei “tu” come “individuo”? Cos’è (e chi è) un “individuo” dal punto di vista dell’esperienza di una coscienza? Pensi che sia qualcosa di limitato a te come ti vedi ora? Il tuo “Sé Superiore” credi di poterlo confinare in quello che adesso tu pensi e percepisci di essere come individuo, in questo spazio, in queste dimensioni, in questo specifico tempo? In questo tuo corpo e in questa tua mente? Credi di essere così limitato? E che il cammino debba essere così limitato? Credi davvero di essere, ora come ora, una Monade distinta e distinguibile, a sé stante, in quanto tale? Vuoi limitare alla tua percezione attuale, che vuoi difendere a tutti i costi come “individuale”, l’infinito corpo interconnesso oltre lo spazio e il tempo che veramente sei? Che siamo?


Certo che la presa di coscienza e la responsabilità del proprio percorso sono questioni squisitamente tue, come riflessione personale, intima, indipendente e autodeterminata, ma tale presa di coscienza dove ti porta? Se pensi che il cammino debba essere “individuale” perché tu possa finalmente farti gli affari tuoi, per conto tuo, nel tuo giardinetto, credo che sia una visione molto limitata, tra l’altro impossibile: non reale. Certo che puoi desiderare vivere una fase di centratura tua, di raccoglimento. È anche vero che nel cammino ci sei tu, con te stesso, con la tua capacità di autodeterminarti in forma libera e indipendente. Soprattutto responsabile in prima persona. Su questo siamo d’accordo. È così, deve essere così e sarà sempre così. Ma ridurre all’attuale percezione di sé il risultato di Coscienza, che può e deve fiorire dal tuo profondo, è un equivoco: diventa un limite enorme, una giustificazione! Da un concetto che ha indubbiamente il suo valore, diventa di fatto una resistenza. Proprio come quando, dall’altra parte, si sposta tutto il baricentro sul gruppo: anche in quel caso, se si perde di vista se stessi, si produce il problema opposto. Ricordatevi che siamo qui per conciliare gli opposti, con intelligenza, oltre le apparenti contraddizioni. Bisogna intendersi ed essere molto sinceri con se stessi quando ci si ferma ad una formula per pretendere che sia solo quella: è una trappola. Ci possono essere delle fasi, ma il discorso è sempre nel Sé e, tuttavia, più ampio del “sé”.

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