lunedì 24 ottobre 2016

Il Messaggio e il messaggero


Non si tratta di saper spiegare, di saper dire le cose “bene”, in modo bello, avvincente, entusiasmante, assolutamente corretto e perfetto. Ci sono tantissimi comunicatori molto bravi, davvero speciali, capaci di raccontare, spiegare e insegnare molte cose in modo piacevole, vivace ed efficace. Ce ne sono sempre stati, ce ne sono e ce ne saranno sempre. Certo molto più bravi di me, molto più colti ed esperti nel saper comunicare nel modo giusto. Ed è bello vedere che le persone vengono toccate, direi smosse dalle parole ben dette, dai concetti ben spiegati, dalle esortazioni e dalle pratiche ben insegnate. 

Spesso questa bravura – nell’era del disimpegno e del tutto subito – fa spostare l’attenzione dal contenuto, cioè dal messaggio in quanto tale che dovrebbe essere il centro della nostra ricerca, alla persona, al buon comunicatore che diventa il nostro preferito, di cui diventiamo fan e di cui seguiamo tutte le lezioni con meraviglia e, quasi, con devozione. Ci piacciono le sue parole, il suo sorriso, il suo modo diretto e chiaro di spiegare. Anche la comparazione tra ciò che preferiamo seguire e ciò che sentiamo come meno interessante per noi non è più sul piano dei contenuti, bensì sul personaggio. Non più sul messaggio, ma sul messaggero… a prescindere! 

Quando mi dite (alcuni me lo dicono, ad altri risulto invece insopportabilmente noioso): “Come spieghi bene, Carlo, che bravo…”, ecco in quel momento sento di aver proprio fallito nel mio intento di condividere, umilmente si intende, un insegnamento. Infatti, poi mi parlate di questo o di quell’altro oratore, se li conosco, chi possa io consigliarvi. “Ti piace il tale?”, “che ne pensi di…?”. E io subito vi chiedo: “Cosa dice?” – fine della conversazione perché di solito ricevo un vago: “beh, tante cose…”. Certo, è vero, ci sono brillanti oratori ai quali devo molta gratitudine e che io stesso seguo e raccomando, ma il punto non deve essere l’oratore. E’ importante, sicuro, perché se l’oratore è confusionario, impacciato, poco chiaro, troppo immerso nel suo sentire e poco attento a stabilire con i suoi ascoltatori e allievi un contatto, siamo tutti d’accordo nell’ammettere che possa risultare difficoltoso seguirlo, tuttavia il punto, che va comunque ritenuto prioritario e prevalente, è il contenuto, ovvero l’insegnamento, potrei dire l’energia che contraddistingue quel messaggio, quel corpo di conoscenze che deve essere l’oggetto principale dei nostri commenti e delle nostre riflessioni, dei nostri entusiasmi così come delle nostre delusioni. 

A prescindere dal personaggio che può risultarci brillante o meno, più o meno abile nel comunicare, più o meno “piacione”, antipatico o simpatico. Chiedetemi che cosa potrei consigliarvi di seguire, di studiare, di praticare, non da chi andare alla prossima conferenza. Chiedetemi se il tal concetto mi vede d’accordo o meno, non come vedo il tale o il tal’altro. Riportate l’attenzione sui contenuti, a volte difficili, impegnativi e scomodi, portati da un maestro magari altrettanto difficile, impegnativo e scomodo, che forse non vi lusinga, che non vi seduce, che talvolta vi annoia ribadendo cose che presumete di aver capito perfettamente. E riportate l’attenzione a voi stessi, al vostro sentire profondo e non alla mente curiosa che cerca incanti e suggestioni per divertirsi. Il messaggio e il vostro sentire: ecco ciò che è più importante.

lunedì 17 ottobre 2016

Homo Sapiens Sapiens: speriamo che si estingua al più presto.



Sul canale Nove mi è capitato di seguire un programma di divulgazione scientifica condotto da Giancarlo Giannini. Un particolare servizio ci informava pubblicamente e senza mezzi termini che oggi una speciale équipe di scienziati – astronomi, matematici, fisici (tra i quali il noto Michio Kaku, astrofisico) – è impegnata nel progetto di “evacuazione del pianeta”: si stanno individuando le migliori strategie per abbandonare la Terra, a bordo di potenti astronavi, alla volta del più vicino pianeta selezionato per ospitare la continuità dell’essere umano, dalle parti di Alpha Centauri. Bisogna, tra le tante cose, capire se inviare un equipaggio di adulti in stato di veglia (forse però in un viaggio previsto di circa 42 anni darebbero di matto), oppure se spedirli in uno stato di coma indotto, o se risolvere il problema inviando feti o embrioni. Potete trovare questo servizio – tra gli altri - online: http://it.dplay.com/giancarlo-giannini-racconta-la-meraviglia-della-scienza/stagione-1-episodio-2/

Il dato comunque interessante è che ormai non si parla più di salvare questo pianeta, ritenuto spacciato, ma, con toni sereni quanto sconcertanti, di proseguire altrove l’esperienza umana: evacuare la Terra e andare su altri pianeti (a far danno, aggiungo io). Gli scienziati ritengono questo pianeta – e questa umanità – sulla strada dell’inevitabile distruzione ed estinzione ad opera dell’uomo stesso: tutti i previsti punti di non ritorno sarebbero stati ormai abbondantemente oltrepassati.

Io la vedo diversamente. Sono pienamente d’accordo con questa analisi, purtroppo. Tuttavia la soluzione proposta da questi sapientoni mi sembra inverosimile, oltre che inquietante. Tutto questo mi ha fatto pensare a qualcosa di bizzarro.

Penso che la specie umana si stia distinguendo in due rami: un essere umano che rimane homo sapiens sapiens, ignorante, primitivo e portatore di distruzione, destinato all’estinzione. E un homo che potremmo chiamare spiritualis: una nuova specie destinata all’evoluzione, non per evacuazione, ma per trasmigrazione spirituale su altri piani – più evoluti – del possibile. Stando alla mia ipotesi, a questo punto spero solamente che l’homo sapiens sapiens, specie inferiore, infestante e deleteria, si sbrighi ad autodistruggersi: che si estingua al più presto, prima di distruggere definitivamente la Natura e questo ancora meraviglioso pianeta (quello stesso pomeriggio mi capitò di vedere uno stupendo documentario su Geo&Geo: restai ammirato di quanta bellezza ancora sopravvive!). Spero che l’uomo moderno (il sapiens sapiens, appunto) non si estingua per effetto della distruzione del pianeta, ma prima di devastarlo definitivamente, per auto-annientamento. D’altro canto, l’homo spiritualis, ovvero la nuova specie in via di definizione, vibrerà altrove (tanto per rifarmi al titolo di un mio recente libro) e, se vorrà, potrà ammirare o tornare ad abitare su una Terra finalmente disinfettata e rigogliosa di vita e meraviglie.

Come si dice: homo sapiens sapiens, o t’elevi o.. te levi. Grazie.


giovedì 13 ottobre 2016

La Spiritualità Sconveniente


Spesso mi si chiede che cosa intendo per spiritualità “vera”, oppure con ricerca interiore “vera”. Le persone vogliono un percorso “vero”. Molte possono essere le riflessioni a questo proposito, oppure pochissime, oppure è un sentire che non usa parole, ma adesso vorrei rispondere in questo modo: la spiritualità è vera quando non ha alcun senso, o meglio, quando va contro il nostro attuale ordinario “senso comune”. Quando si oppone al senso più evidente delle cose e della vita. Più nel dettaglio: quando si disallinea con l’ovvietà, con la più evidente convenienza.

La spiritualità è vera quando non conviene. Perché la spiritualità vera non serve a niente e a nessuno e, soprattutto, non serve niente e nessuno. Allora ecco che, rispettata questa condizione di non funzionalità e di non convenienza nella più evidente e immediata percezione della vita, la spiritualità può dirsi vera: vera perché stra-ordinaria, perché non risponde a nessuna esigenza o necessità ordinaria né alle nostre valutazioni e ai nostri calcoli personali. Qual è la “convenienza evidente”? Facile dirlo: la sopravvivenza, l’appagamento, l’interesse, il successo, il possesso.

Soldi, Sesso e Successo, what else? Tutto questo prima di tutto in funzione personale (la mia sopravvivenza, il mio appagamento, il mio interesse, il mio vantaggio, il mio successo, ciò che io posseggo e difendo, il mio divertimento, il mio potere) e poi per la nostra ristretta cerchia: la famiglia, le amicizie (prima quelle selezionate in funzione dell’opportunità e della convenienza, si intende, poi vengono le altre, quelle per il proprio piacere, e comunque non usciamo dalla logica della convenienza), poi le conoscenze utili e gli altri, va bé... a un bel momento che se la vedano un po'... Benissimo. E' ovvio, naturale, niente di male: è la logica secondo un modello di vita, evidente, concreto. Anche l’amore è sempre più diventato tutto sommato un calcolo: quella persona la amo perché mi dà dei vantaggi, mi fa stare bene, mi dà sicurezza, è ricca, è bella quindi mi fa fare bella figura in pubblico, è simpatica quindi mi dà soddisfazione (e mi dà soddisfazione quindi mi è simpatica), ci faccio bene all’amore, mi fa godere. In fondo la logica è sempre (o sempre di più) quella della convenienza: la convenienza evidentemente legata al concetto di vita che oggi abbiamo, che è cosa molto misera, molto fisica, materica, sensoriale, ego-centrata. Primitiva direi.

Ecco, la spiritualità non ha nulla a che fare con questa logica. La spiritualità è profondamente “sconveniente”: non serve a niente e non serve niente. Non serve a nessuno e non serve nessuno. Non serve. Perché la spiritualità è libertà, è gratuità, è portarsi all’altro, è dovere, è trascendenza. E’ superamento della logica dell’animale, che cerca, che accumula, che vuole, che desidera, che lotta, che fugge, che attacca. E’ superamento della logica dell’uomo quando si intende come animale intellettuale il cui risultato è un essere fasullo, arrogante e distruttivo. Ego-centrato. Infantile. Incapace di verità. La spiritualità è verità e come tale non può diventare uno “strumento per”. E' gioco come quando eravamo bambini: il gioco non serviva per qualcosa, non c'era attaccamento, niente malizia, solo passione: si giocava e basta. Vi ricordate? Riesco a spiegarmi? La spiritualità è proprio come quel gioco, proprio come l’amore: perché la spiritualità è amore. Se segue la “convenienza”, il calcolo, il potere, le ovvie priorità della’uomo-bestia, è un gioco noioso, serioso, ansiogeno: non è spiritualità. E' un prodotto, un mezzo, qualcosa forse di bello e utile, ma non è spiritualità, non è ricerca interiore.

Non c’è una spiritualità vera e spiritualità fasulla: o è spiritualità o non lo è. Lo è proprio quando è la cosa più assurda, non ovvia ed evidentemente sconveniente cui si possa pensare. E' semplicemente una cosa bellissima. Insignificante e inutile. Quanto di più fondamentale serve oggi a tutti noi. Sapremo capirlo?