sabato 6 agosto 2016

Realizzare o raccontare?



La volontà di ricerca spirituale può significare molte cose diverse per ognuno di noi: anche questo fa parte della ricerca e della vita spirituale, ovvero comprenderne il senso stesso. Può significare risvegliarsi dal sonno della coscienza, che è etica e capacità di visione, consapevolezza di sé e quindi della propria motivazione esistenziale, adesione ad un grande disegno che va oltre se stessi, profondità di significato e trascendimento. E tanto di più o, se preferite, tanto di meno. Lo sappiamo, non ci sono parole. Più se ne aggiungono più ci si allontana da quello che, nel silenzio, si può avvertire. È qualcosa di molto diverso da un’altra ricerca qualsiasi. Esige logiche diverse, non ordinarie, paradossali. E ancora nulla di tutto questo. Però, una cosa dobbiamo pur ammetterla: quanto si realizza – e non parlo in termini di acquisizione, di potere, di possesso – dipende dalla nostra disposizione d’animo. Non voglio neanche dire che dipenda da cosa facciamo o non facciamo, da quello che scegliamo, dalla disciplina che ci diamo, dall’impegno che ci mettiamo: queste sono eventualmente considerazioni successive. Mi basta parlare dell’essenziale: la disposizione d’animo. 

La disposizione d’animo è quella postura interiore con la quale non possiamo barare: non possiamo raccontarcela. Siamo sinceramente e opportunamente “disposti” oppure no? Se lo siamo – e questo si tradurrà in cose molto concrete e visibili – potremo realizzare. Se non lo siamo, non potremo realizzare. Se sappiamo di non esserlo – e lo sappiamo – inutile provare o chiedere di realizzare. Forse non è il momento. Forse non abbiamo le idee chiare. Forse non ci rendiamo ancora conto, del resto con le facilonerie new-age che ci educano al disimpegno costante ci ritroviamo spesso ad aver bisogno di reinquadrare bene questa faccenda con la dovuta calma e lucidità. Se non lo siamo, la mente - ma soprattutto il corpo - ci darà dei segnali. E tuttavia la ricerca spirituale è inamovibile: se non siamo intimamente “disposti”, pronti ad assegnarle il massimo valore, si ritrarrà da noi, naturalmente. Meglio quindi evitare vie di mezzo, anche se difficile, perché non farebbero che illuderci. Oppure, finalmente, decidiamo di ammettere quanto serio sia il nostro intento.

A quel punto risulta chiara una necessità molto precisa e concreta: uscire dalla propria “zona di comfort”. Sì perché la vita è là fuori. Potrà essere difficile, impegnativo, fastidioso, potrebbe sembrare impossibile, ma è l’unica cosa concreta  e indispensabile da fare: la verità, l’illuminazione, ce la dobbiamo andare a prendere là fuori. Significa uscire dalle proprie abitudini, convinzioni, certezze, equilibri. La zona di comfort ce la siamo costruita per comodità, funzionalità e difesa. Ma lì dentro non potremo che soffocare. Soffochiamo in una vita illusoria, non reale. Lì dentro c’è solo morte, molto forbita, colta, appariscente, appagante, ma è morte.

Il problema è che siamo sempre convinti di cercare la verità lì dentro, oppure di accomodarcela in qualche modo. Pensiamo di adattarla alle nostre esigenze, preferenze e convenienze senza minimamente pensare di spostarci fuori dalla nostra nicchia: e ce la raccontiamo. Così anche la verità più speciale, le tecniche, le pratiche, le discipline, le ricerche più autentiche diventano illusioni: appena entrano nella zona di comfort diventano inganni e la loro energia vitale si spegne. Iniziano così le elucubrazioni, gli accomodamenti, le suggestioni, i grandi discorsi e le grandi esperienze, ma nulla è reale. Invece, piccole cose ma per le quali siamo disposti a spostarci fuori sono le vere perle che ci faranno crescere: perché siamo disposti ad espanderci. A uscire da noi stessi e da quell’angusta gabbia dorata. La verità bisogna andarla a cercare là fuori. Bisogna andarsela a prendere là fuori! Allora ci darà forza, energia, crescita. Vita. Perché oltre la nostra zona di comfort c’è la vita. Essere “Iniziati” significa vivere la vita, allargandosi, espande dosi attraverso anche le cose più normali e semplici. Ma vere. Raccontarsela significa coltivare grandi saperi e grandi discipline che però ci portiamo dentro la nostra vita fasulla: ce le sistemiamo lì dentro, trasformandole in illusioni e in morte. Preferirei mille volte avere a che fare con un semplice che però vive là fuori, che però è “Iniziato” a questo mistero, piuttosto che con grandi scienziati, filosofi, sapienti e cabalisti che non sono altro che morti che portano morte, asfissia, distruzione (e infatti lo vediamo dove ci hanno portato questi grandi sapientoni).


Potete fare tutti i corsi, leggere tutti i libri, prendere tutte le lauree, fare tutti gli atti psicomagici che volete: se state nella zona di comfort nulla è reale. Comprate solo prodotti per l’ego, la mente, l’illusione da venditori altrettanto fasulli e irreali. Sono solo illusioni. Se invece capite la portata del vostro intento e decidete di “fare sul serio”, capirete bene cosa significa, e cosa implica, muoversi davvero, impegnarsi, spazzare via le comode risposte new-age, passare dalla porta stretta e cominciare non già a realizzare i vostri intenti spirituali, ma proprio a vivere.  

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