Potremmo chiederci: se il film Matrix rappresenta, più o meno
allegoricamente, la nostra condizione, così come nel film le persone reali sono
in verità accovacciate in vasche e attaccate a macchine, in quella che è la nostra vita reale, noi dove siamo? Voglio dire, il nostro sé probabilmente è, come nel
film, dormiente altrove e, ancora come
nel film, sogna, in virtù di una specie di software interattivo, tutto quello
che ora riteniamo essere il nostro mondo: le città, la gente, tutto quanto. Potremmo
dire che noi non siamo dove crediamo di essere e non vediamo né facciamo tutto
quello che crediamo di vedere e di fare. È una vita fittizia. In realtà siamo
abbioccati da qualche parte, attaccati ad un “sistema” che fa girare un
programma di realtà virtuale, molto convincente, nella nostra mente. Ma, se nel
film le persone reali sono là fuori addormentate in quelle vasche, noi, i
nostri sé reali, dove potremmo immaginare che siano? Nel nostro caso cosa
rappresentano le macchine? Dov’è la realtà reale? Dove sono i nostri corpi
reali? Come sono fatti? Com’è fatto davvero l’universo? Chi siamo? E, in
definitiva, dove siamo davvero, mentre crediamo di essere qui seduti a leggere
questo scritto?
Ebbene, “io” “penso” che l’essere umano reale, ognuno
di noi, sia dormiente imprigionato dentro se stesso, preda di un virus connesso
ai gangli della sua mente reale il quale intercetta, devìa e, in virtù del
nostro potere creativo, riproietta attraverso sistema nervoso e sensi una
dimensione esistenziale-olografica-materiale-collettiva riproducendo, fuori di sé,
l’immagine del suo “corpo” e del “mondo”, ovvero di tutto quanto ci circonda.
Quel virus è la mente di superficie che, alimentata da un persistente egocentrico
oblìo della verità, prende possesso delle menti e crea quella bolla di
illusione nella quale crediamo di trovarci, muoverci, agire, fare, evolvere e
quant’altro. In realtà siamo dormienti dentro noi stessi, nella profondità
della nostra vera mente, avviluppata nei tentacoli di questo polipo
iper-plastico che intercetta e definisce a modo suo, ricalcando le necessità di
un ego separato e conflittuale, il mondo illusorio che crederemo circondarci.
Meditando su questa vertiginosa immagine, possiamo valutarne tutte le
molteplici incredibili implicazioni e forse avvicinarci a “capire” cosa può
essere, e cosa non può essere, considerata come una “via di risveglio”. Possiamo
forse intuire, silenziosamente e in punta di piedi, cosa potrebbe voler dire
essere liberi.
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