Non
credere nel dio cattolico o in quello (quelli) delle religioni in generale non significa automaticamente essere atei, laici o agnostici. Non significa neppure credere, eventualmente, solo nella propria divinità interiore, immanente. Io non sono cattolico e non credo nel dio dei monoteismi. Per lo meno, non credo che si tratti di “Dio” che per me è intelligenza della vita,
coscienza universale, comunione.
Ricercarlo, sentirlo, trovarlo in sé, come
essenza che esperisce ed evolve attraverso la mia umanità, ma anche nel fluire
della vita, in tutti noi, in ogni cosa così come nel trascendente è la mia
strada, la mia via di consapevolezza, nel rispetto del sentire di tutti: in
fondo siamo tutti in viaggio. Io stesso potevo pensarla diversamente qualche
anno fa, oggi sento questo, magari domani sentirò ancora altro.
Spesso mi si
chiede: ma quando preghi, quando senti la necessità di un “dialogo”, a chi ti rivolgi? Ebbene, fermo restando
che per me preghiera dovrebbe essere la vita stessa e soprattutto gratitudine
più che richiesta, io prego me stesso. Sì perché “Dio” sa benissimo cosa deve fare.
Io prego me stesso affinchè possa “io” essere capace di rendere omaggio alla
vita, alla coscienza, a Dio. Io prego Carlo che non faccia troppi errori, che
sappia sempre amare, voler bene, fare cose belle per lui stesso e per gli
altri. Quante volte non ci riesco! Ecco perché prego. Ecco perché “mi prego”. A
“Dio” – che per me non è quel dio delle religioni! - posso solo rendere grazie,
da “lui” posso solo accettare, per “lui” posso solo fare, cercare di capire, di
essere quella scintilla che lo rappresenta… nonostante Carlo.
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