martedì 19 luglio 2016

Esistenziale e Spirituale



L’Accademia ACOS e il laboratorio “Il Filo D’Oro”

Da molti anni tengo conferenze e conduco corsi di meditazione e di indagine delle facoltà interiori prendendo spunto dai miei studi e condividendo la mia esperienza di ricerca nel campo della medicina olistica e delle discipline psicofisiche tradizionali. Ho creato l’Accademia ACOS, ma – a latere – anche un laboratorio che ho chiamato “il Filo d’Oro”.

La maggior parte delle persone che si avvicina ai miei corsi e alle attività che organizzo come Accademia ACOS cerca soluzioni. Soluzioni per la salute, volendo approfondire approcci naturali e olistici per la prevenzione o la cura. Per questo mi avvalgo della collaborazione di medici e professionisti che possono dare conforto in questo senso. Soluzioni per risolvere problematiche relazionali, in famiglia o nella coppia, oppure sul lavoro. Soluzioni per la carriera e il successo. Oppure, nella volontà di conoscere se stessi, intendono liberarsi dai condizionamenti ed esprimere al meglio potenzialità latenti: sviluppare la creatività, l’arte, i propri talenti. Altri ancora cercano la “conoscenza”, ovvero di recuperare e sviluppare antichi saperi in grado di fornire risposte attraverso gli occhi di una scienza più ampia. E altri ancora vorrebbero.. salvare il mondo. In fondo si tratta sempre di volersi dotare di soluzioni e di accedere a potenziamenti efficaci, estendendo il proprio interesse verso l’invisibile che a sua volta diventa un’ulteriore terra di conquista, proprio come lo è sempre stato, e continua ad esserlo, il visibile. È una ricerca di soluzioni, legittima e dignitosissima, che definirei di carattere “esistenziale”: di salute, di benessere, di successo, di appagamento e di conoscenza e crescita personale. Per questo ho creato l’Accademia e organizzo tante conferenze, incontri, laboratori, seminari e corsi. Ritengo che sia molto bello poter sentire questo anelito di crescita e trovare dei contesti sani e competenti in cui alimentarlo ed appagarlo.

Devo tuttavia precisare che la ricerca esistenziale - caratterizzata dal desiderio di salute, benessere e cultura di cui sopra - non può e non deve essere automaticamente intesa come “ricerca spirituale”, dato che, in quanto tale, non ha nulla di “spirituale”. Certo, la ricerca spirituale può naturalmente implicare percorsi di guarigione, benessere, cultura e crescita - in senso professionale, esistenziale ed etico - ma non ha quel tipo di “domande” al centro della sua natura.

La New Age, come le religioni, ha spiritualizzato – spesso banalizzandoli – tutta una serie di bisogni (terapeutici, psicologici, esistenziali) i quali vengono, pertanto, confusi con la spiritualità – in fondo è anche una strategia di marketing – ma che invece non solo non hanno a che fare con la spiritualità, ma rappresentano qualcosa di diamtetralmente opposto alla spiritualità e che quindi non possono neppure ritenersi propedeutici ad un cammino che possa dirsi spirituale, ovvero di “illuminazione” e di “risveglio”, così come oggi si usa dire. Questo perché alimentano modi pensare, desideri e orientamenti che continuano ad essere di carattere utilitaristico. La ricerca terapeutica, psicologica, culturale, che in definitiva potremmo al meglio definire “esistenziale”, ovvero di crescita personale, anche in senso olistico, non è ricerca “spirituale”, sebbene possa e debba auspicabilmente  avere un retroterra filosofico, ideologico ed etico, quindi non solo commerciale. Eppure non si tratta di spiritualità. 
La ricerca spirituale ha al suo centro il mistero della vita e della morte. Dell’anima oltre i sensi, dell’essenza oltre la corporeità, dell’origine e dello scopo ultimo. Senza attaccamento, senza piani, senza riscontri. È ricerca di senso: il perché più che il come, il come più che il cosa. È misticismo più che religione, saggezza più che sapienza, comprensione più che guarigione, consapevolezza più che benessere, amore più che felicità. È “meno” più che “più”. È sfoltimento più che crescita. E non ha nulla di utilitaristico né di commerciale. La spiritualità non serve a nessuno. Non deve servire. Dobbiamo uscire dalla logica “non serve a niente, quindi è inutile o non esiste”. Anzi, è proprio perché, secondo la nostra logica, non serve, che è così fondamentale.
La spiritualità, come ho detto, può riflettersi in scelte di vita e in modi di essere che aprano la strada a guarigione, felicità, benessere, crescita personale, miglioramento della qualità delle relazioni, ma può anche implicare tutto l’opposto dato che la priorità è un’altra. Il focus è altrove. E può essere lontana da tutto quello di cui noi oggi abbiamo certezza in merito alla vita, a noi stessi e a tutto quanto. La ricerca spirituale è prima di tutto trasformazione e non conoscenza o utilità riferite al quadro esistenziale che insistiamo ad avere come riferimento.

Ecco che, se parliamo di spiritualità, accanto e opposto all’Accademia, ho creato “il Filo d’Oro”. Il Filo d’Oro è un laboratorio spirituale. Partecipare al Filo d’Oro può eventualmente voler dire sviluppare i temi dell’Accademia, incontrandoli e vivendoli ad un altro livello di esperienza, ma chi ha come obbiettivi quelli ai quali risponde l’Accademia, ovvero  obbiettivi “esistenziali” misurabili - e ritenesse non solo prioritario ma bastevole quell’intento (perchè definito e concreto quanto basta) - troverebbe “il Filo” molto deludente. Paradossalmente, anche qualora fosse certo di essere spirituale e di fare spiritualità secondo le definizioni e le promesse del mercato, troverebbe la spiritualità – per quello che la spiritualità effettivamente è (e non è) – molto deludente. Perché la spiritualità non serve a niente. E non dà la felicità. E non risolve problemi di salute o nevrosi. E non ti rende più ricco e benestante.
L’Accademia non ha nulla di spirituale. Insegna tante cose, fa crescere, conferisce competenze e offre molte soluzioni. Ma non ha niente di spirituale. Così come il Filo non si pone l’obbiettivo di far stare bene, di dare il  successo e di aiutare a vivere sani, felici, potenti e vincenti. Il Filo non ha neppure un obbiettivo culturale, né di carattere etico. Perché il Filo d’Oro è un laboratorio spirituale, un crogiolo di trasformazione. L’Accademia offre risposte. Il Filo d’Oro offre domande. L’Accademia accresce. Il Filo decresce. L’Accademia sviluppa. Il Filo demolisce. L’Accademia conferma. Il Filo trasforma. Mi si domanderà: ma dunque sono incompatibili? Esistenziale e spirituale? L’accademia ACOS e il Filo D’Oro? No. O meglio, direi che lo spirituale non sia incompatibile con l’esistenziale quanto l’esistenziale fine a se stesso è incompatibile con lo spirituale. La soluzione sta tutta in una parola: maturità. Maturità che è capacità di prospettiva oltre l’illusione materialistica. Oltre l’egocentrismo. Oltre la corporeità e i sensi.


Con maturità si può coltivare lo spirituale senza intossicarlo, così come si potrà badare a migliorare i propri termini di esistenza senza rinchiudervisi. 


giovedì 14 luglio 2016

Cosa significa, oggi, vivere?



Certo, domanda banale direte voi: vivere è… vivere. Fare le cose, pensare, amare, provare emozioni e sentimenti, comunicare, lavorare, magari mettere su famiglia, avere cura di sé, divertirsi, realizzare cose, avere amici, sviluppare progetti, avere hobby e forse potersi dedicare ad una qualche forma d’arte, educare i propri figli, essere buoni cittadini, invecchiare sereni, godersi la pensione… Questo è vivere, Anzi, potremmo dire che questo sia da considerarsi già “vivere bene”. “Stare bene”. Oggigiorno lo studio, la cultura, la scoperta, l’arte sono cose ritenute già piuttosto specifiche: attività normali o necessarie in certi periodi della vita o per certe persone “portate” o che “possono permetterselo”. Ma che poi, nella nostra società funzionale, decadono all’insegna del fare, del produrre, del guadagnare, insomma di altre necessità ritenute impellenti e prioritarie. Come del resto i rapporti di amicizia: alla fine restano sempre più un residuo, non di rado sulla base ancora una volta di criteri di necessità e opportunità. Certo, c’è la famiglia: quella di origine e quella attuale, con tutti gli annessi e connessi. Questo è vivere, potremmo evidentemente concludere.  Questa è la vita. Più o meno, nella media oggi, in un paese “civile” e “moderno”. Cos’altro manca? Ah sì… quella cosa di cui a volte sentiamo parlare, che ha a che fare un po’ con la storia, un po’ con la cultura, un po’ con l’arte, un po’ con il costume e la società, con la morale, l’etica, l’essere buoni o meno, con il comportarsi bene con gli altri e con l’ambiente. Con l’essere “brave persone”. È la religione, direte voi. Sì, diciamo… la “spiritualità”. Che tra l’altro oggi viene fusa e confusa con tante altre cose, spesso per infiocchettare prodotti, servizi e beni di consumo, per motivare a certe scelte politiche o economiche, se non addirittura per giustificare guerre e contrapposizioni tra gli uomini. È stata perfino fusa con l’arrivismo: oggi strumenti di crescita personale, motivazione, autostima e tecniche per il successo vengono meglio vendute se profumate d’incenso. 

Ma, la religione non è spiritualità. E la spiritualità non è, o non è solo, cultura, arte, salute. Certamente non ha a che fare con tutto quel mercato di espedienti per la realizzazione personale, la felicità e la carriera. È certamente altro.  Non è religione perché non è dogma, né istituzione. Non è cultura perché non è “sapere”. Non è psicologia, non è terapia, non è un “bene di consumo”: perché la spiritualità, sembrerebbe, non serve a niente e a nessuno. Non è mezzo per la sopravvivenza né per il progresso. Né per la felicità di qualcuno o di tutti. Forse, potremmo provare a dire, facendo già un bel salto di qualità, che sia un fine, anzi il fine. Ciò che motiva profondamente, da cui tutto origina e in cui tutto si risolve, e che tutto attraversa, dando senso, conforto e prospettiva. Eppure, la spiritualità non ha un fine. E, soprattutto, non è utile.  Non è funzionale. È decisamente un “di più”, anzi un “di meno”. Cos’è la spiritualità? Difficile a dirsi oggi, vero? In una società come la nostra, tutta intenta a produrre, consumare, crescere. E noi tutti intenti a stare bene, intenti al successo, alla felicità. Al “benessere”. Ad acquisire certezze, metodi, soluzioni. Ma, cos’è la “spiritualità”? Cos’è “spirituale”? Cos’è la “ricerca spirituale”? È facile dire cosa non è: quello lo stiamo capendo, se siamo attenti. Lo stiamo imparando, spesso a nostre spese. Sappiamo, anzi sentiamo cosa non è la spiritualità. Se siamo sinceri con noi stessi. Intuiamo cosa non può essere. Progetti, eco villaggi, monumentali templi, grandi teorie sul cosmo e l’essere... E ogni volta che pensiamo di averla imbrigliata, ecco che la definizione, lo slogan, la frasetta… non ci piace mai: al massimo abbiamo trovato un altro modo di infiocchettare qualcos’altro. Dobbiamo ammetterlo. E non è neanche sviluppare le facoltà interiori o consuetudini nobili: essere vegani o capaci di esplorazioni astrali non è spiritualità. O forse lo è… ma non è quello il punto. È mistica? Ecco, può darsi che ci stiamo avvicinando.  

Mistica: parola evocativa, da liberare ovviamente dalle pesantezze religiose. Cos’è la spiritualità? Cos’è la spiritualità? Quale ricerca? Quale esperienza? Quale anelito? La filosofia dà significato alle cose, ma la spiritualità vuole l’assoluto. È fame di assoluto! Ma cosa pretendo dire oggi: in questa società del prodotto… del “benessere”… della lamentazione. E io che pretendo di fare spiritualità? Non ne so niente.  Sono colto. Ho studiato. Ho sperimentato stati altri di coscienza. Medito. Insegno a meditare. Insegno perfino a stimolare talune facoltà particolari. Ma no… No. Ancora mi arrovello. Non tanto perché non sento questo straordinario mistero, ma perché mi chiedo come sia possibile tornare a capirsi su qualcosa oggi di così tanto trascurato. Inutile. Inutile? Eppure la spiritualità è il fondamento della vita. Cos’è la vita se non è spirituale? Umile e amorevole scoperta, meraviglia, tentativo, comprensione, compassione? 

Tutto vano (e vanesio) se sfugge il profondo, inspiegabile e commovente anelito di assoluto. No… ma che Dio? Che conoscenza? Che potere? Che coscienza? No… È risveglio. Davvero è il risveglio ad un’alba meravigliosa. È fioritura, quesito inevitabile quanto insondabile, se siamo vivi. È follia. Pura follia. Pura poesia. Silenzio, dunque. Silenzio. Respiro. Né questo, né quello. 


lunedì 2 maggio 2016

Perchè a Terni?

Le attività di Carlo Dorofatti, l'Accademia e il Filo d'Oro soprattutto, convergono sincronicamente, per via di diverse circostanze e necessità della vita, proprio a Terni: nella celtica Terni, Tirus, città dei Celti del Fiume Nera, dei Naharki, ovvero della "Stirpe del Drago".

Fare onore, attraverso le attività divulgative e formative ACOS e con l'addensarsi proprio qui del "Filo d'Oro" quale laboratorio di Conoscenza e Risveglio Spirituale, è un grande privilegio e vuole essere un contributo per restituire a Terni quell'identità storica, culturale e magica mortificata dalle censure ecclesiastiche, politiche e da una certa archeologia universitaria dalla visuale ristretta e bigotta.

Dal recupero della consapevolezza delle origini Celtiche di Terni, emerge l'energia e la forza del Drago, da sempre simbolo della materia spiritualizzata capace di trascendersi: simbolo dell'Alchimia Regale che adombra il mistero della Vita Spirituale. Il Drago Verde su sfondo rosso, la Coscienza dell'Essere che emerge dalle acque della Vita, è da sempre il simbolo della Città. E ancora: dalla consapevolezza dei Riti della Città, mai scomparsi, anche se cristianizzati o rimasti nella vaghezza del folklore popolare, emergono memorie e Miti ancora più antichi, che rimandano ad archetipi ancestrali e a nobili Lignaggi di Regni e Civiltà Perdute.
                           


"Siamo qui da millenni e saremo qui per sempre con la nostra Identità, la nostra Storia e non ci saranno scelte politiche scellerate, Bui Identitari o fasi di inerzia storica o una globalizzazione selvaggia a sradicare la nostra ultra millenaria Storia, Cultura e Identità.
Siamo le più antiche popolazioni italiche.
Noi siamo i Celti del Fiume Nera.
Noi siamo Terni... Noi siamo i Naharki...
Noi siamo La Stirpe del Drago."

(da Terni Celtica e La Stirpe del Drago di Andrea Agnetti, 2016, Morphema Editrice)






mercoledì 6 aprile 2016

Affamare l'Alieno



Quell’alieno che è dentro di noi, il nostro ego, l’io fittizio che crediamo di essere, fatto di credenze non nostre, che pensa e vuole ciò che noi crediamo di pensare e volere convincendoci che siamo noi a farlo, ha un enorme potere.

Attraverso il nostro pensare, che non è nostro, il Volador (per dirla alla Castaneda) concorda con se stesso e ci induce a credere di fare, di essere quando gli fa comodo così, oppure di non poter fare, di non essere nessuno quando gradisce altri sapori. L’alieno ti farà scegliere qualunque cosa gli piaccia, perché sarai tu convinto di sceglierlo. Ti dirà che quello che dice Carlo sono tutte sciocchezze, che tanto c’è tempo, che sei stanco, che hai bisogno di pensare a te stesso, che in fondo non sono cose così importanti, e la mente che ti avrà regalato concorderà con la sua affermazione, e così tu dirai: “ma certo… sono sciocchezze”. È così che prevale. Da tanto tempo.

Bada bene: non puoi contrastarlo. Faresti il suo gioco. Puoi solo tirare dritto per la tua strada. Sottrarre terreno sotto i suoi piedi. Puoi solo preoccuparti di essere: di riempire di coscienza, di consapevolezza e di gioia la tua vita. Puoi, in questo modo, affamarlo, perché all’alieno queste fragranze risultano indigeste. E così… dovrà andarsene. Non dovrai lasciare spazi: lui è scaltro e veloce e riempie ciò che lasci vuoto. E svuota quel poco che di te rimane. Si nutre di indolenza, di cavilli, di procrastinazione. Adora la tua inadeguatezza, così come la tua presunzione. La tua codardia come la tua arroganza. Prelibate sono per lui le tue paure, così come le tue aspettative.


Puoi fare solo una cosa: riempire di buona volontà la tua vita, fatti forza, perseguire la verità incessantemente e senza scuse e quella mente aliena cadrà. E non ti apparterrà più. Ma forse, al primo contrattempo, ancora dirai: “adesso ho ben altro da fare… lasciamo stare… poi vedremo… ”.